Un bambino senza culla oggi è nato a Nazareth. Nella città dove ha vissuto Gesù, le donne più povere partoriscono all’Holy Family, “l’ospedale italiano”, come lo conosce la popolazione locale e di tutta la Galilea.
Struttura non profit che esiste da 130 anni, fondata dai Fatebenefratelli, l’Holy Family di Nazareth vive in mezzo a equilibri delicati. Fa parte dell’Aran, la rete israeliana degli ospedali per le grandi emergenze. E durante l’Intifada ha curato centinaia di feriti provenienti da Gaza e dai territori palestinesi. Si trova, geograficamente parlando e non solo, fra la parte araba e quella ebraica della città.
«Nazareth sorge sulle colline», spiega il primario Massad Barhoum, «la parte bassa è abitata dalla popolazione araba, sulle cime c’è Nazareth Ellit, la parte ebraica». All’Holy Family medici ebrei e musulmani lavorano fianco a fianco. Il personale è formato da 300 persone fra medici, infermieri e impiegati che garantiscono i servizi sanitari alla popolazione locale. Il 53% di loro è musulmano, circa il 20 di religione ebraica e il resto cristiano.
«Sono cristiano, il vicedirettore dell'ospedale è musulmano», dice Barhoum. «Non c’è nessuna discriminazione nell'accoglienza dei pazienti, che provengono dall'area più povera della città e anche dai territori palestinesi». Di fronte a casi gravi, i medici dell'Holy Family utilizzano vie diplomatiche per ottenere permessi per l’ingresso in lsraele di pazienti che necessitano di cure urgenti, e capita che mandino ambulanze con targa israeliana per prelevare i pazienti e poi riportarli indietro.
«Le donne arabe della zona più povera di Nazareth scelgono di partorire qui perché trovano medici che parlano la loro lingua, uno staff multietnico e multireligioso», spiega Barhoum.
Ma partorire oggi a Nazareth non è semplice, specialmente se qualcosa non va per il verso giusto. «Quando ci sono dei problemi legati al parto, abbiamo serie difficoltà, perché non abbiamo un reparto di neonatologia per la terapia intensiva, la più vicina è ad Haifa, a 60 chilometri di distanza», spiega il medico israeliano, «e quando si arriva fin lì spesso non c’è più nulla da fare».
In Italia c'è chi ha raccolto la sfida. Da un'esperienza personale, quella di Elena Fazzini, è nata un'associazione, Hope, che ha scelto di adottare l'ospedale di Nazareth. «Qualche tempo fa ho scoperto di avere il cancro», racconta la Fazzini. «Sono stata curata all'ospedale San Gerardo di Monza e il mio problema di salute si è risolto. Mi sono sentita come se mi avessero regalato una seconda vita. Avevo alle spalle un'esperienza di lavoro in un'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, e ho pensato che la mia professionalità poteva tornare utile per aiutare qualcun altro. Un amico medico mi ha indicato l'ospedale di Nazareth». L'associazione Hope ha fatto da trait d'union fra il San Gerardo di Monza e l'Holy Family di Nazareth, facendo nascere un rapporto di cooperazione che è arrivato a un protocollo di intesa: un gemellaggio che prevede scambi di personale (medici israeliani andranno a Monza per la formazione, e viceversa), e una collaborazione per realizzare e dotare di attrezzature il reparto di patologia e terapia intensiva neonatale.
«A coprire i costi della parte scientifica di questo progetto, è la Regione Lombardia», spiega Elena Fazzini, «per la costruzione del reparto invece siamo alla ricerca di fondi e di sostenitori privati». Fondazione Milan è stata il primo partner che ha accolto l’appello di Hope per raccogliere i fondi necessari alla costruzione del reparto. Per equipaggiarlo di attrezzature ed apparecchiature elettromedicali e renderlo operativo, Hope lancia la proposta Adotta una culla a Nazareth (vedi box), a cui possono aderire singole persone, famiglie, gruppi e scuole. Fino ad oggi l’Holy Family Hospital è stato faticosamente ristrutturato e mantenuto al servizio della popolazione locale cercando di garantire uno standard qualitativo e di efficienza elevati, recuperando materiali dismessi ancora in ordine ed attrezzature elettromedicali negli ospedali italiani.
Nel 2005, grazie ad alcune donazioni italiane, l'"ospedale italiano" ha completato la ristrutturazione e l'ampliamento delle sale parto e costruito un reparto di maternità nuovo che in pochi mesi è diventato il migliore della zona: ogni mese nascono 180 bambini, con un incremento del 3% di mese in mese. Durante il mese di luglio e agosto, a causa del conflitto israelo-libanese i parti sono arrivati a 268, mentre ogni anno circa 500 neonati hanno urgente bisogno di cure particolari, senza le quali la loro vita sarebbe a repentaglio. Elena Fazzini è riuscita a coinvolgere un gruppo di architetti e professionisti che hanno dato il loro contributo gratuito: « ll progetto del reparto di neonatologia e terapia intensiva è già pronto sulla carta. Il nostro sogno adesso è che diventi realtà».
COME SOSTENERLI
- la proposta A Natale Adotta una culla a Nazareth. Bastano 10 donazioni da 20 euro ciascuna all’associazione Hope per acquistare una culla per la nursery della Neonatologia dell’ospedale italiano.
-Cos’è Uno strumento di solidarietà che aiuterà Hope ad acquistare culle, incubatrici, macchinari mancanti al reparto di Neonatologia e Terapia intensiva dell’Holy Family Hospital.
-Cosa si riceve Un certificato di “Buona azione” dell’ospedale firmato dai medici della Neonatologia e, se si desidera, una targhetta posta sulla culla con il proprio nome.
-Quanto serve Mancano ancora 300mila euro per attrezzare il reparto, una culla costerà 200 euro, un’incubatrice 10mila euro, un respiratore 20mila euro. Le donazioni sono fiscalmente deducibili, basta conservare la ricevuta della donazione effettuata.
-Come si aderisce Versando il proprio contributo sul ccb n.3300000 Banco di Desio, Piazza Affari 8/10, Milano. ABI 3440 CAB 1600 CIN 0
-Info Hope Onlus, sede legale Via Rossini,8 - 20122 Milano www.hospitalnazareth.org