Electrolux salva i bambini.

La storia - La cucina progettata nello stabilimento di Pordenone ha permesso di tenere in vita un orfanotrofio israeliano. Dopo mesi di battaglie burocratiche, la vicenda ha avuto un lieto fine.

di Daniele Micheluz
Il Friuli
del 18 novembre 2011

Ricordate la storia che vi avevamo raccontato a giugno sull'orfanotrofio di Israele? La struttura che accoglie un centinaio di minori in difficoltà era a rischio chiusura, dopo novant'anni di servizi, perché la cucina era fuori norma. Della situazione era interessata la Fondazione Hope di Milano, presieduta da Elena Fazzini, che aveva coinvolto Electrolux, la quale, a un prezzo vantaggioso, aveva messo a disposizione una cucina nuova di zecca appositamente progettata.

GIUSTO IN TEMPO

Peccato che la burocrazia internazionale avesse bloccato tutto e la cucina fosse rimasta ferma per sei mesi nello stabilimento pordenonese di Vallenoncello. Da qui il grido di aiuto che si era levato da Milano per poter salvare l'orfanotrofio: il tempo stringeva e la chiusura era dietro l'angolo. La vicenda, però, ha avuto un lieto fine. La situazione si è risolta e la cucina di Electrolux è stata consegnata in ottobre all'orfanotrofio a nord di Nazareth, permettendo così la sopravvivenza della struttura, della quale si occupa la comunità di Seforis dell'Ordine delle Figlie di Sant'Anna.

A rappresentare lo sforzo di Electrolux è stato Pasquale Esposito, export area manager che segue la zona Mediorientale per il colosso svedese, che aveva seguito il progetto fin dall'inizio.

Giunto in Israele assieme allo chef Silvano Costantini, arrivato appositamente per insegnare alle suore che operano nella struttura come usare la cucina e preparare il buffet, oltre a divertire i bambini con i suoi topini di cioccolato.

TUTTO È BENE QUEL CHE...

"Fortunatamente, la storia si è conclusa positivamente, anche grazie all'interessamento del consolato italiano a Tel Aviv - spiega Pasquale Esposito -. La cerimonia di inaugurazione della nuova cucina è stata toccante e siamo felici di aver contribuito alla sopravvivenza dell'istituto israeliano". Altri progetti simili in futuro?

"Se la Fondazione Hope o altri ci coinvolgeranno, saremmo lieti di poter dare ancora il nostro supporto". Un segno di solidarietà da non dimenticare.

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