L'ecografo di Nazareth e la mini-Onu di Elena.

La storia di Hope Onlus.

di Elisabetta Rosaspina
Corriere Della Sera
del 2 gennaio 2019

Il ragionamento è lineare: se un ecografo mi ha salvato la vita, può salvarla a molti altri.

E potrebbe finire lì, con una generica gratitudine verso il progresso della scienza e della medicina. Ma Elena Fazzini, che tredici anni fa era un'appagata funzionaria delle Nazioni Unite, moglie di un avvocato penalista di Milano e neo miracolata dell'ospedale San Gerardo di Monza, non si è accontentata di averla scampata bella: «Un pesante errore diagnostico, commesso altrove, avrebbe compromesso tutta la mia vita se non fosse stato per un ecografo tridimensionale. Volevo che anche altre persone potessero avere la mia stessa opportunità e ho chiesto al medico che mi aveva assistita, il professor Costantino Mangioni, se potesse indicarmi un ospedale nel mondo cui avrei potuto regalarlo».

Un pensiero altruista, dal costo elevato: intorno ai 400 mila euro. Elena, però, aveva un paio di carte in più da giocare: una proficua carriera di project manager all'Onu e dieci anni di esperienza in Banca Generali, dove aveva studiato gli strumenti finanziari assicurativi.

Quanto serviva per non perdersi d'animo quando, volata a Nazareth, nel nord di Israele, per vistare l'ospedale italiano suggerito dal professore, ha scoperto che non mancava soltanto l'ecografo, ma l'intero reparto di neonatologia e terapia intensiva.

Nuove tappe 

«Avevamo scelto quell'ospedale perchè è aperto e gratuito per tutti, ebrei, musulmani, cristiani, senza distinzioni. Sul volo di ritorno ho detto a mio marito: Paolo, fondiamo un'organizzazione, un comitato per creare il reparto» racconta Elena, senza nascondere l'iniziale perplessità del coniuge. Che comunque non ha nemmeno provato a dissuaderla: «A Milano abbiamo reclutato 35 professionisti di vari settori, disposti a lavorare pro bono con noi - ricorda Elena - pur non appartenendo al mondo del non profit. Oggi sono più di cento. Al San Gerardo è stato approvato un gemellaggio di cinque anni con l'Holy Family Hospital di Nazareth, i cui medici sono stati inviati a corsi di formazione ad Haifa. Volevamo che fosse un reparto davvero d'avanguardia».

Qualcuno, al posto di Elena, avrebbe concluso di aver pareggiato così i conti con la buona sorte. Non lei.

Che invece ha messo in piedi la sua piccola Onu, mutuandone e semplificandone i metodi. Ogni mattina alle 5 si accende la luce dietro una finestra di via Orti, a Milano: Elena è all'opera su nuove tappe della sua avventura solidale, iniziata con la fondazione di Hope Onlus, nell'aprile del 2006. Risponde a una richiesta di matite e pastelli per l'asilo multietnico di Aleppo o di un computer per una scuola di Jenin, scrive a un possibile benefattore, lavora a un'iniziativa a Gerusalemme, Sephoris, Aman. L'ultima impresa è di pochi giorni fa, poco prima di Capodanno quando Elena è partita con i figli, Davide e Pietro, di 9 e 11 anni, per un altro intervento umanitario in Medio Oriente: far giungere all'ospedale italiano di Damasco valigie di medicinali, quelli raccolti nella sede milanese di via Spartaco 10 da un network di mamme e quelle donate da sette case farmaceutiche. 

«Un antibiotico o una scatola di paracetamolo, che in Italia costano una decina di euro, tra le rovine della guerra sono introvabili o in vendita al mercato nero a 60/70 dollari».

La famiglia non varcherà il confine siriano per portare a termine la terza spedizione, organizzata grazie alla mediazione del Consolato generale del Libano a Milano: «A Beirut ci aspetta Suor Teresina, una missionaria salesiana veneta di 85 anni che attraversa i check point in jeep, addolcendo i militari con panettoni di cui la riforniamo proprio a questo scopo», sorride Elena.

Un paio d'anni fa il suo sguardo è caduto su altre macerie, quelle lasciate dal terremoto in Centro Italia, ad Accumuli, Arquata, Pescara del Tronto, Acquasanta, Norcia: «La distruzione bellica e quella tellurica non sono poi molto diverse. Abbiamo avviato progetti mirati anche li, per la ricostruzione delle scuole e dei cuori».

Con all'attivo progetti per 18 milioni, Elena Fazzini e la sua onlus credono ai miracoli: «Dall'ecografo in poi - assicura - se ne sono susseguiti tanti nella mia vita. Ormai mi sento strumento di un disegno più grande». Senza disdegnare i sogni più piccoli: «Suor Teresina desiderava tanto una macchina per cucire. Coi punti dell'Esselunga siamo riusciti a procurarle anche quella».

 

Cure per tutti

L'Holy Family Hospital di Nazareth è aperto e gratuito per tutti, ebrei, musulmani, cristiani.

Al San Gerardo di Monza è stato approvato un gemellaggio di cinque anni che prevede anche corsi di formazione per i medici.

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