Che a Nazareth potesse sorgere un ospedale cristiano, nessuno ci avrebbe probabilmente scommesso. Eppure l’Holy Family Hospital (Ospedale Sacra Famiglia) è una realtà fin dai tempi dell’Impero Ottomano. Il suo nome inglese però non rende giustizia a manager e volontari italiani che lavorano a fianco di circa trecento musulmani, ebrei e cristiani, e a distanza, aiutando questa realtà ad essere sempre più viva in Israele. L'Holy Family sembra proprio un modello di convivenza, un esempio di pace nato dal basso e dalla quotidianità.
«Spesso, in sala operatoria, sono presenti un medico musulmano, un anestesista ebreo e una suora cattolica», racconta Massad Barhoum, 44 anni, direttore sanitario. Ha rinunciato a una brillante carriera iniziata nelle migliori cliniche israeliane per collaborare all'esperienza di pace che ogni giorno si realizza qui. «Se si vuole che la pace sia reale, questa è la strada da percorrere», dichiara. «Ricordo un bambino palestinese di Jenin. Era ricoverato e disegnava carri armati. Poi un’infermiera gli ha regalato un paio di occhiali perché non vedeva bene.
Dopo tre settimane Mohammed diceva parole in ebraico.
Allora ho pensato: "Questo bambino avrebbe potuto indossare un giorno una cintura esplosiva, poi qualcuno si è preso cura di lui e ha cambiato atteggiamento". Basta questo per capire che quest’opera cristiana in Terra Santa è un modello replicabile». L'ospedale nasce come casa di accoglienza nel 1882, durante la dominazione turca. «Tre membri della congregazione dei Fatebenefratelli costruirono un piccolo ambulatorio che divenne presto un ospedale, testimonianza dello spirito di carità della congregazione», spiega fra Serafino Acernozzi, priore dell'ospedale, in Terra Santa ormai da più di vent’anni. Oggi l'Holy Family dispone di centonove posti letto e offre a circa cinquantamila pazienti l'anno prestazioni mediche avanzate, tra cui anche il servizio per la prevenzione del tumore al seno che nessun'altra struttura sanitaria della zona araba di Israele mette a disposizione. Tra gli undici reparti, l'ultimo, la maternità, inaugurata meno di due anni fa, è stato creato grazie a molti donatori italiani. La neonatologia e la terapia intensiva (in fase di costruzione) sono il risultato dell’impegno di istituzioni pubbliche e private italiane (tra cui la Fondazione Milan). Motore del nuovo corso di sostegno a distanza è Hope (in inglese «Speranza»), la onlus nata alcuni mesi fa per supportare a livello scientifico e finanziario l'ospedale. Fondata da Elena Fazzini, ex funzionario delle Nazioni Unite, l’organizzazione vuole coinvolgere tutti i professionisti, enti pubblici e istituzioni private che desiderano aiutare l'ospedale a rispondere alle sempre più pressanti esigenze locali, sanitarie e sociali. «Questa istituzione italiana è una concreta esperienza di lavoro e servizio che pone al centro la persona. Ho incontrato tanti pazienti, donne musulmane, uomini ortodossi, bambini beduini, anziani drusi, tutti entusiasti dello sguardo diverso che hanno incontrato nei corridoi dell'ospedale italiano», racconta. «Il desiderio che sempre più persone potessero essere assistite, mi ha spinto a rispondere alle richieste di aiuto di Nazareth: mancano macchinari elettromedicali fra cui una macchina per la tomografia; le sale operatorie risultano obsolete e manca un asilo per i bambini del personale medico e paramedico». Un altro intervento efficace è stato pensato dall'assessorato alla Cooperazione allo Sviluppo della Regione Veneto. «Sono stati installati degli apparecchi per la trasmissione dei dati clinici tra l'ospedale di Nazareth e quello di Jenin in Palestina», spiega Massad Barhoum. «Una postazione è stata collegata anche in Veneto», rivela Marialuisa Coppola, assessore alla Cooperazione. «Si è creata una "comunità virtuale" di operatori italiani, israeliani e palestinesi, occasione per migliorare le prestazioni, ma anche per formare in modo permanente gli addetti». «Purtroppo la sanità israeliana copre solo il cinquanta per cento del costo delle degenze e si capisce come una struttura come questa rappresenti un'emorragia finanziaria, soprattutto a causa del perenne conflitto», rileva Odette Shomar, responsabile delle relazioni pubbliche e nonna di cinque nipoti. «A gravare sui bilanci ci sono anche le prestazioni gratuite offerte a molti palestinesi delle zone vicine che non hanno assicurazione sanitaria».
E i cristiani a Nazareth? «Stanno emigrando», raccontano Odette e Massad: «Nazareth, dopo le due Intifada e l'ultimo conflitto con il Libano è sempre più una città in difficoltà: disoccupazione, intolleranza, mancato accesso ai servizi sociali di base... Talvolta pensiamo di essere stati dimenticati». «Eppure - aggiunge Odette - c’è stato un tempo in cui musulmani, cristiani ed ebrei vivevano in pace, proprio qui a Nazareth. Chissà, il nostro sindaco ha chiesto a Hope di promuovere un gemellaggio con Milano. Vorrebbe invitare gli imprenditori lombardi», spiega con vigore la responsabile. «In questo modo potremo far conoscere meglio il nostro quotidiano esperimento di pace».
SCHEDA: Da 125 anni al servizio dei bisognosi
L'Ospedale Sacra Famiglia di Nazareth nasce nel 1882 con un ambulatorio e quattro posti letto. Nel 1899 i posti diventano trenta. Durante la prima e seconda guerra mondiale la struttura è trasformata in ospedale militare. Nel 1948, allo scoppio del conflitto arabo-israeliano, sessanta famiglie arabe occupano l’edificio. Nel 1952 inizia l'attività di ristrutturazione dell'Ospedale, gravemente danneggiato. Nel 1980 viene costruito un nuovo edificio per i pazienti interni con 109 letti. Nel 2000 viene completata una nuova struttura destinata ad aumentare il numero dei letti. Ma una difficile situazione economica minaccia seriamente l'ospedale. Nel 2001 per evitarne la chiusura inizia una nuova fase riorganizzativa e gestionale. Oggi l'Ospedale Sacra Famiglia è un ente privato no-profit. E’ conosciuto come l’«ospedale italiano» ed è un'istituzione cara a tutta la popolazione di Nazareth e della Galilea. E' un ospedale generale in cui lavorano sia italiani che numerosi medici laureati in Italia. L'Ospedale è anche coinvolto in servizi di assistenza sociale, nella ricerca clinica internazionale e in progetti di sviluppo. Nel 2005 l'Holy Family ha effettuato 8.500 ricoveri, 25mila visite ambulatoriali e 22mila interventi di pronto soccorso. Nel reparto di maternità sono nati 1.700 bambini. Per sostenere finanziariamente l'ospedale è nata di recente la onlus Hope. Per informazioni: Hope Onlus, Via Orti,35 20122 Milano; e-mail: hopeonlus@hotmail.it www.hospitalnazareth.org