Per i bimbi di Nazareth rinasce la speranza.

Grazie all’intervento della onlus Hope, che ha sede in Italia, è stato possibile creare un reparto di neonatologia nell’Holy Family Hospital della città israeliana.

di Sara Laurenti
AVVENIRE
del 9 ottobre 2008

Agire vicino a casa o in luoghi complicati, nemmeno molto lontani, sempre con l’obiettivo di contribuire a creare speranza.

Questa volta è un microasilo che risponde a un’urgenza del territorio, nel quartiere di Porta Romana nel centro di Milano. Qui le famiglie beneficiarie sono parte integrante della struttura, educatrici a pieno titolo all’«Asilo delle Rondini».

Approvato di recente dalla Regione Lombardia, questo progetto si ispira ai valori dell’aiuto solidale, non solo verso i suoi utenti, ma anche verso i bambini dell’ «Asilo della Pace» in Israele, al confine col Libano. Sarà una struttura innovativa che Hope, onlus di Milano, attiva dal 2006, ha in progetto. È giovane quest’associazione, ma con un curriculum di tutto rispetto: in un anno e mezzo è riuscita a realizzare la neonatologia dell’Ospedale italiano «Holy Family Hospital» nella città israeliana di Nazareth. Questa struttura è un luogo speciale, dove lavorano trecento persone fra medici, infermieri e impiegati: ebrei e arabi musulmani e cristiani insieme garantiscono i servizi sanitari alla popolazione locale.

«Quando sono stata invitata a Nazareth, mi ha colpito il reparto di maternità, realizzato con materiale recuperato da ospedali italiani», racconta Elena Fazzini, responsabile di Hope. «ll nido occupava una piccola parte e la terapia intensiva era inesistente, ponendo in serio rischio la vita di neonati in difficoltà. L'Ospedale mi ha chiesto un aiuto. Rientrata a Milano, con un gruppo di amici, ho contattato architetti, medici, ingegneri, tecnici sanitari: tutti entusiasti di darci una mano. E' nato un progetto molto bello, piaciuto subito anche all'Ospedale che lo ha preso in consegna».

La realizzazione del nuovo reparto ha seguito due ambiti di intervento: da un lato il progetto scientifico, sostenuto da un finanziamento pubblico, cioè un gemellaggio di formazione con un ospedale di eccellenza nella cura dei bambini, quale l'Ospedale San Gerardo di Monza, dall'altro il progetto tecnico, cioè la costruzione del reparto con la ricerca di sostenitori privati pronti a collaborare sia con risorse finanziarie sia con la loro professionalità. Spiega la coordinatrice: «Con questo metodo, tra finanziatori pubblici e privati, abbiamo trovato la disponibilità di un milione di euro in tempo record: diciamo che tutti hanno dato il massimo». Tra tutti i sostenitori, il primo «fund raiser» è stato Alberto Rossi, un diciassettenne che vive nella periferia milanese. Ha raccolto oltre mille euro per la neonatologia organizzando due lotterie a scuola, il liceo americano di Noverasco di Opera. «Appena nato ho avuto bisogno di rimanere in un'incubatrice per parecchio, così ho pensato che se fossi nato a Nazareth non sarei sopravvissuto. Quando ho letto di questo progetto, ho pensato che era doveroso aiutare questo ospedale ad avere una neonatologia dotata di terapia intensiva».

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