Un patrimonio da custodire.

E’ partito il 9 agosto in Terra Santa il progetto Cultural Heritage.

di Carmelo Greco
Corriere delle Opere
del 1 ottobre 2009

AL MEETING DI RIMINI 2009 IL PADIGLONE C1 riservato alla Compagnia delle Opere si apriva con lo stand dedicato alla Terra Santa. Segno dell'interesse - non solo simbolico - che la Cdo nutre per Israele, Paese nel quale ha promosso diverse missioni imprenditoriali. Ed è stato proprio durante una di queste missioni, nel 2008, che padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, ha manifestato la volontà di valorizzare il patrimonio culturale e artistico detenuto dai francescani, la cui presenza nei luoghi della salvezza risale al Medioevo.

Oggi l'intenzione di padre Pizzaballa - creare uno o più poli espositivi per i numerosi reperti - ha preso una forma precisa coinvolgendo vari partner in Cultural Heritage, progetto co-finanziato dalla Regione Lombardia che vede la Cdo fra i principali promotori.

Capofila del progetto è Hope, onlus attiva in Medio Oriente che, per l'occasione, collabora con Ats, l'organizzazione non governativa al servizio della Custodia. Per quanto riguarda il versante tecnico le competenze specifiche, all'iniziativa partecipano Copat, realtà presente nel nostro Paese da 20 anni nella tutela e conservazione del patrimonio, e il Consorzio beni culturali Italia, a cui aderiscono 13 cooperative del settore. Non mancano università e centri di ricerca ai quali - nell'auspicio degli ideatori - dovrebbero presto aggiungersi finanziatori privati per coprire la somma complessiva di 300 mila euro necessaria a portare a termine l'anno di lavoro.

Cultural Heritage, presentato all'ultimo Meeting di Rimini, ha preso avvio ufficialmente il 9 agosto scorso e ha lo scopo di offrire a giovani della Terra Santa un percorso formativo di specializzazione nel campo della tutela e conservazione dei beni culturali, artistici e archeologici. Professionalità alle quali, poi, potrà ricorrere la Custodia, anche in vista della realizzazione di un Ufficio beni culturali dotato di archivi informatizzati e teche digitali. «ll progetto - spiega Andrea Ferraris, presidente di Copat - va a integrarne uno già avviato che riguarda il censimento del patrimonio immobiliare di proprietà della Custodia. Noi ci occuperemo di quello mobiliare. Nell'arco di un anno puntiamo a formare un gruppo di allievi del posto trasferendo loro il nostro know-how. Gran parte della formazione avverrà sul campo, in forma di stages. «L'importanza di questo progetto - aggiunge Paolo Grecchi, vice presidente di Hope onlus - risiede nella possibilità di dare lavoro con competenze di archivisti e di analisti del materiale a persone di qualsiasi religione. Quello che ci preme, in questo caso e negli altri in cui siamo stati coinvolti - come ad esempio la costruzione del reparto di neonatologia dell'ospedale Fatebenefratelli di Nazaret - è la qualità dell'intervento. Non basta il sostegno economico o gli strumenti e i macchinari che si reperiscono gratuitamente. E’ necessario coinvolgere professionalità di altissimo livello che spesso si appassionano ai nostri progetti. Solo se c'è qualità quello che si costruisce, soprattutto in contesti tanto complessi, può diventare stabile e durare nel tempo».

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